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Energia: l'aumento dei costi mette a rischio la tenuta del settore del cemento

I combustibili alternativi una soluzione a kilometro zero

Roma, 8 giugno 2022 - Elettricità, combustibili, quote di emissione: continua senza freni il rally dei costi energetici da cui dipende la competitività dell'industria italiana del cemento, che impiega in Italia circa 32mila addetti e che rappresenta l'architrave del mondo delle costruzioni, centrale per il rilancio e la ripartenza del Paese.

Secondo i dati elaborati da Federbeton Confindustria, nel primo quadrimestre 2022, il costo di produzione è cresciuto enormemente soprattutto a causa dei rincari energetici. I costi variabili sono aumentati di oltre il 300%, rispetto alla media del 2019.

L'Italia e l'Europa stanno infatti attraversando una crisi energetica che non ha precedenti nella storia. Il prezzo del gas metano è quintuplicato dal 2019 mentre il costo dell'energia elettrica ha registrato massimi storici ed è cresciuto di quasi quattro volte. A completare il mix energetico che caratterizza la produzione c'è l'andamento del prezzo del petcoke, il combustibile utilizzato nel settore, più che triplicato nei primi mesi del 2022, rispetto alla media dei valori registrati nel 2019. Preoccupante, inoltre, la crescita del valore dei diritti di emissione di CO2, che ormai è stabilmente superiore agli 80 euro alla tonnellata; valore elevatissimo se confrontato con i 25 euro registrati in media nel 2019.

Il settore è peraltro impegnato nella sfida per la decarbonizzazione per la quale dovrà mettere in campo investimenti per 4,2 miliardi di euro, oltre a extra-costi operativi pari a circa 1,4 miliardi annui.

Questa situazione, aggravata dai recenti risvolti in politica internazionale, mette a serio rischio la tenuta dell'industria italiana del cemento. Il settore sta perdendo ulteriore competitività nei confronti dei Paesi extra-EU che hanno standard ambientali e di conseguenza costi più bassi. Ciò significherebbe legare alle importazioni l'approvvigionamento dei materiali fondamentali per la costruzione di case, ospedali, infrastrutture.

È necessario attivare tutte le soluzioni a disposizione per scongiurare questo rischio.

«Abbiamo in Italia una risorsa energetica a kilometro zero, economica, già pronta a essere utilizzata per esempio nei forni delle cementerie al posto di prodotti petroliferi: si tratta solo di superare pregiudizi, lentezze burocratiche e di decidere una semplificazione normativa - commenta Roberto Callieri, Presidente di Federbeton -. Sto parlando dei combustibili solidi secondari (CSS), ricavati da quella parte non riciclabile dei rifiuti che oggi come oggi mandiamo in discarica, all'incenerimento o ancora peggio mandiamo all'estero, pagando altri per farsi carico del problema. Utilizzare i CSS comporterebbe un grande vantaggio per la bolletta energetica del Paese, consentendo all'industria del cemento di recuperare competitività in un momento in cui, tra i costi dell'energia e gli investimenti per la decarbonizzazione, tutto il settore rischia di chiudere i battenti, finendo per impoverire tutto il settore industriale italiano con ovvie ed immaginabili ricadute sul piano occupazionale».

Ricavati da quella parte non riciclabile dei rifiuti che oggi vengono destinati alla discarica, all'incenerimento o inviati all'estero, con ulteriori costi, i combustibili solidi secondari sono materiali non pericolosi che immessi in modo sicuro e controllato in un ciclo produttivo come quello del cemento possono sostituire i derivati del petrolio, riducendo drasticamente le emissioni di CO2.

In un momento in cui prende piede l'idea di un ritorno al carbone, i CSS costituiscono quindi una soluzione valida in termini di sostenibilità (economica e ambientale), già ampiamente utilizzata in tutta Europa: i paesi europei più avanzati arrivano infatti a oltre il 60%, a volte anche all'80%, mentre in Italia la sostituzione dei prodotti petroliferi tramite CSS è limitata a circa il 21%. Secondo la stima elaborata dal Laboratorio REF Ricerche, un tasso di sostituzione del 66% in Italia porterebbe al taglio di 6,8 mln di tonnellate di CO2 emesse in atmosfera, grazie al mancato conferimento in discarica che verrebbe sostituito dalla valorizzazione energetica in cementeria.

C'è da dire, inoltre, che la sostituzione dei combustibili fossili con CSS non comporta in alcun modo un peggioramento delle emissioni. Al contrario, se ne può riscontrare un miglioramento, come nel caso degli ossidi di azoto e zolfo. In ogni caso, le cementerie sono conformi alle migliori tecnologie di settore disponibili e garantiscono il totale rispetto dei limiti di emissione, grazie a sofisticati sistemi di controllo, automazione di processo e monitoraggio. Rispetto che viene verificato e certificato dalle autorità competenti come le Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente.

È dunque ora di superare pregiudizi, lentezze burocratiche e permettere di usufruire di una risorsa energetica alternativa già disponibile. Si tratta di un'opportunità per l'ambiente, la collettività e l'indipendenza energetica del Paese.

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